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Gustav Klimt, storia
“Per l’Albero della vita Klimt prese spunti formali dall’arte dell’antico Egitto (la danzatrice ha il volto posto di profilo e gli occhi – dal taglio allungato – rivolti in lontananza), dall’arte del mosaico bizantina (di cui la città di Ravenna è per Klimt esempio fondamentale) e dall’arte giapponese. La successione dei pannelli vuole raccontare con delicato fascino una sorta di favola: una giovane ragazza attende il suo amato tra i rami dorati dell’albero della vita; alla fine realizza il sogno di congiungersi a lui, con passione.”
Klimt, le opere più importanti in sequenza
Klimt rimane il personaggio più rappresentativo della Secessione viennese nell’alveo della pittura simbolista che nel passaggio dall’Ottocento al Novecento portò profonda innovazione all’arte.
Di lui disse Hermann Bahr nel 1903:
“…… Klimt dipinge una donna come fosse un gioiello; essa scintilla, ma l’anello della sua mano sembra respirare, e il suo cappello vive più di lei, la sua bocca fiorisce, ma non si pensa che essa possa anche parlare; e la veste sembra sussurrare. O se dipinge un girasole, da esso sembrano ammiccare gli occhi benigni di un uomo maturo. Di nuovo egli dipinge però un albero che pare sbalzato in oro, e quando rabbrividiamo di fronte ai volti apocalittici dei suoi grandi quadri, può anche darsi che in essi egli abbia semplicemente voluto giocare con i colori.”
Egli nasce nel 1862 a Baumgarten, quartiere di Vienna, secondo di sette fratelli. Il padre Ernst, immigrato boemo, è orafo, la madre, Anna Finster, appassionata di musica lirica. Le condizioni economiche della famiglia, già compromesse, diventano precarie dopo la crisi economica del 1873 causata dal fallimento dell’Esposizione Universale di Vienna.
Nel 1876 il quattordicenne Gustav viene ammesso a frequentare la Kunstgewerbeschule, (scuola d’arte e mestieri del Museo Austriaco per l’arte e l’industria), dove studierà fino al 1883, confrontandosi con svariate tecniche artistiche, dal mosaico alla ceramica, nel rispetto dei canoni accademici e della storia dell’arte del passato. Tre anni dopo, con il fratello minore Ernst e con il pittore Franz Matsch, grazie all’interessamento del professor Laufberger, ottiene la commissione per la decorazione del cortile del Kunsthistorisches Museum, su progetto dello stesso Laufberger.
Nel 1880 dipinge le quattro allegorie del Palazzo Sturany a Vienna e il soffitto della Kurhaus di Karlsbad. Tra il 1886 e il 1888 si dedica, con il fratello e l’amico, alla decorazione del Burgtheater di Vienna, in una serie di pannelli raffiguranti teatri dell’antichità o del mondo contemporaneo.
Nel 1888 Klimt riceve un riconoscimento ufficiale dall’imperatore Francesco Giuseppe e le università di Monaco e Vienna lo nominano membro onorario.
Nel 1892, a pochi mesi dalla morte del padre, anche il fratello Ernst muore improvvisamente: Gustav deve farsi carico di entrambe le famiglie, e questo lutto lascia un segno anche nella sua produzione artistica. Nello stesso periodo avviene l’incontro con Emilie Flöge che, pur essendo a conoscenza delle relazioni che il pittore intrattiene con altre donne (negli anni ’90 del XIX secolo Klimt sarà il padre riconosciuto di almeno 14 figli), sarà la sua compagna fino alla morte del pittore.
Elemento chiave dei lavori di Klimt è la figura femminile. Anche quando rappresentano figure allegoriche, le donne sono visibilmente ritratte da personaggi della vita quotidiana; talvolta si tratta di prostitute che, anche se ingentilite dalle citazioni classiche nel contesto del quadro, vengono raffigurate ad esempio con acconciature vaporose e trucco pesante. Oppure vengono rappresentate come femmes fatales, tema molto in voga al tempo
Nella Giuditta II del 1909 la donna ritratta, Adele Bloch-Bauer (donna dell’alta borghesia Viennese), ha quasi sembianze di una sirena. Questo scandalizza la società viennese dell’epoca che avrebbe accettato senza problemi personaggi femminili idealizzati, ma che non può non notare l’eccessivo realismo di certe figure e soprattutto dei nudi.
Un’altra caratteristica della sua pittura è l’ornamento con forme ed elementi classici, che non solo svolgono funzione decorativa, ma assumono anche valenze simboliche, dando il massimo risalto alla figura centrale.
Nonostante lo scandalo tra i benpensanti, Klimt trova i suoi mecenati tra le ricche famiglie ebree della borghesia viennese, che amano l’arte d’avanguardia: l’industriale dell’acciaio Karl Wittgenstein, la famiglia Knips, l’imprenditore tessile Wärndorfer. Alle mogli di questi influenti personaggi, Klimt dedicherà dei famosi ritratti.
Intanto, Klimt continua ad esporre i suoi lavori a livello internazionale, anche grazie ai contatti con le altre Secessioni, di Berlino e di Monaco, di cui è membro: nel 1900 Filosofia riceve la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi.
Nel 1903 Klimt si reca due volte a Ravenna, dove conosce lo sfarzo dei mosaici bizantini: l’oro musivo, eco dei lavori del padre e del fratello in oreficeria, gli suggerisce un nuovo modo di trasfigurare la realtà e modulare le parti piatte e plastiche con passaggi tonali, dall’opaco al brillante.
Nel 1910 Klimt partecipa alla Biennale di Venezia e l’anno successivo riceve il primo premio dell’Esposizione Internazionale di Arte di Roma per Morte e vita: le sue opere verranno esposte anche a Firenze, Bruxelles, Londra e Madrid.Seguì un periodo di crisi esistenziale ed artistica dal quale Klimt uscì dopo qualche anno. Il suo stile conobbe una nuova fase. Scomparsi gli ori e le eleganti linee liberty, nei suoi quadri diviene protagonista il colore acceso e vivace. Questa fase viene di certo influenzata dalla pittura espressionista che già da qualche anno si era manifestata in area tedesca. E Klimt l’aveva conosciuta soprattutto attraverso all’attività di due artisti viennesi, già suoi allievi: Egon Schiele e Oscar Kokoschka. La sua attività si interruppe nel 1918, quando a cinquantasei anni morì a seguito di un ictus cerebrale.Di lui ci restano circa duecento opere, tra maggiori e minori, e oltre tremila disegni.
Le opere
Gustav Klimt, Il bacio, 1907
Il bacio è probabilmente il quadro più famoso di Gustav Klimt, ed uno di quelli che meglio sintetizza la sua arte. Come altri quadri di questo periodo ha formato quadrato. In esso le figure presenti sono due: un uomo ed una donna inginocchiati nell’atto di abbracciarsi. Un prato ricco di fiori colorati funge da indefinibile piano di giacitura, mentre l’oro di fondo annulla l’effetto di profondità spaziale. Il quadro ha quindi un aspetto decisamente bidimensionale
Delle due figure, le uniche parti realizzate in maniera naturalistica sono i volti, le mani e le gambe della donna. Per il resto l’uomo e la donna sono interamente coperte da vesti riccamente decorate. Quella dell’uomo è realizzata con forme rettangolari erette in verticale, mentre la veste della donna è decorata con forme curve concentriche. La differente geometria delle due vesti è espressione della differenza simbolica tra i due sessi.
Dell’uomo è visibile solo la nuca ed un parziale profilo molto scorciato. La donna ci mostra invece l’intero viso, piegato su una giacitura orizzontale. Ha gli occhi chiusi ed un’espressione decisamente estatica. È proprio il volto della donna che dà al quadro un aspetto di grande sensualità.
Nell’arte di Klimt la donna occupa un posto decisamente primario. Rinnovando il mito della «femme fatale» per Klimt la donna è l’idea stessa di eros. Di quell’eros che è a un tempo amore e morte, salvezza e perdizione. È un idea che serpeggia in tutta la mentalità del tempo, ma con connotazioni decisamente antifemministe. In Klimt la posizione tende invece a ribaltarsi, assumendo la donna ruolo di decisa superiorità rispetto all’uomo. È lei la depositaria di quel gioco amoroso che rinnova continuamente la vita e la bellezza.
Ma il tutto si manifesta non tanto nelle azioni ma nelle sensazioni interiori. Ecco così che la donna del Bacio riesce a sublimare un’azione al limite del banale in qualcosa che ha afflato cosmico. Qualcosa che trascende verso la pienezza interiore più intensa.
La grande armonia formale del quadro, insieme al contenuto di elegante erotismo, fanno di questo quadro il prodotto di un tempo che stava rapidamente scomparendo. La comparsa in quegli anni dell’espressionismo rese manifesta l’inattualità di questo mondo klimtiano fatto di eleganza e sensualità, che presto scomparve per tempi più drammatici e violenti segnati dagli eventi bellici della prima guerra mondiale
Gustav Klimt, L’interno del vecchio Burgtheater di Vienna, 1888
Il quadro è l’opera che rese famoso Klimt, ad appena ventisei anni, nella società viennese del tempo. Il Burgtheater era un teatro cuore della mondanità viennese, che nel 1887 fu destinato alla demolizione per essere sostituito da un altro più moderno. Prima di procedere alla distruzione, il Municipio di Vienna diede incarico a Klimt e al pittore Franz Matsch di immortalare il vecchio teatro. Klimt scelse di rappresentare non la scena, ma la platea e i palchi. In pratica, soffermò la sua attenzione sul pubblico che affollava la sala. E, dato il significato mondano-sociale di questo teatro, il suo quadro divenne una rappresentazione corale, fedelmente fotografica, del mondo viennese che allora contava.
Gustav Klimt, Amore, 1895
Il quadro rappresenta, insieme all’opera «Musica I», il passaggio di Klimt da un’arte naturalistica e classicheggiante ad una di ispirazione più simbolica, che diverrà in seguito tipica del suo stile. Il soggetto allegorico dell’«amore» viene raffigurato ricorrendo al bacio intenso ed appassionato di due amanti, circondati da un buio che li estranea da qualsiasi contesto circostante, ma dal quale, quasi fatti di fumo, emergono spettrali figure a simboleggiare le età della vita, e quindi il trascorrere del tempo di contro alla sensazione di eternità che l’amore ispira, soprattutto al suo primo apparire. In questo quadro l’immagine tende ancora al tutto tondo, e si presenta con un’atmosfera vagamente tardo-romantica molto inusuale nella produzione klimtiana. Basta confrontare questo bacio con quello più famoso del 1907, per capire la profonda distanza che separa questa fase della sua pittura da quella che lo rese giustamente celebre. Ma il particolare della cornice dorata rende il quadro sicuramente esperimento, forse necessario, per quelle scelte stilistiche successive, così tipiche di Klimt, quali l’uso del formato quadrato, in cui per contrasto inserire composizioni verticali, e l’uso simbolico del colore oro.
Gustav Klimt, Faggeto I, 1902
Klimt non è solo pittore simbolista di soggetti femminili ed erotici, non è solo raffinato ritrattista, ma si dedica anche al paesaggio, pur se questa sua produzione rimane spesso meno nota. In queste sue tele, anch’esse di formato quadrato, la ricerca parte da un natura vista sempre in una sorta di aristocratico silenzio. Nulla da raccontare, ma solo la presenza degli elementi naturali che compongono frammenti di visione incredibilmente decorativi. Come in questo caso, dove l’effetto diviene quasi astratto, pur riconoscendo agevolmente la fitta trama verticale dei tronchi di faggio, l’alta linea d’orizzonte che da ariosità all’immagine, e lo straordinario puzzle di foglie autunnali che ricoprono il terreno.
Gustav Klimt, Danae, 1907-08
Il quadro è uno dei più noti di Klimt ed appartiene alla sua fase creativa più feconda. Il tema che egli tratta è ancora l’erotismo femminile, che egli rappresenta nella rivisitazione del mito di Danae, personaggio dell’antica mitologia greca, che, secondo la leggenda, fu fecondata nel sonno da Giove, trasformatosi in pioggia d’oro. L’espressione di estatico abbandono della donna rimanda ad una dimensione onirica.
Gustav Klimt, Le tre età della donna, 1905
Quadro conservato nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, è una delle poche opere di Klimt presenti in Italia. Nel 1911, nell’ambito delle celebrazioni per il cinquantenario dell’Unità d’Italia, fu tenuto un vasto programma di manifestazioni artistiche, tra cui una mostra internazionale svolta a Valle Giulia. In quest’occasione fu allestito anche il padiglione austriaco, su progetto di Hoffmann, e tra le opere esposte vi fu «Le tre età della donna» di Klimt, che si aggiudicò il primo premio e fu acquistato dallo Stato Italiano, che la destinò appunto alla Galleria d’Arte Moderna romana, da poco istituita.
Il quadro ha le raffinate eleganze tipiche del periodo aureo. Si noti in particolare l’espressione estatica e con il capo reclinato della donna, che anticipa analoghe soluzioni posteriori. Ma non mancano particolari espressionistici, riscontrabili soprattutto nella resa della donna anziana, che ci mostrano come Klimt fosse, pur nelle sue scelte stilistiche, un pittore molto aggiornato sui tempi, e meno anacronistico di quanto siamo, oggi, indotti a credere.
Gustav Klimt, Fregio Stoclet (L’attesa), 1905-09
La Secessione viennese fu un sodalizio artistico che coinvolse anche gli architetti, e tra essi uno dei più rappresentativi fu Joseph Hoffmann, che fu incaricato dal ricco industriale Stoclet di erigere un imponente e sontuoso palazzo a Bruxelles, quale villa di famiglia. Nell’impresa Hoffmann coinvolse molti artisti e artigiani viennesi, con l’obiettivo di realizzare l’opera «totale», un’opera in cui si fondessero tutte le arti (plastiche, architettoniche e figurative) con la vita stessa da vivere in quel luogo. L’esperienza è rimasta unica, anche per l’eccezionalità del committente, che non pose alcun limite di spesa per la realizzazione dell’opera.
Per questo edificio Klimt progettò dei fregi decorativi da realizzarsi a mosaico per la sala da pranzo. Questo raffigurato è uno dei suoi cartoni, servito agli artigiani viennesi per il mosaico definitivo. Il motivo fondamentale è un grande albero stilizzato con ramificazioni a spirale. In esso compare la donna che rappresenta l’Attesa. In quello opposto Klimt inserì invece le figure dell’Abbraccio. Oltre ai motivi tipici dello stile klimtiano è da notare la chiara impostazione “alla egiziana” della donna, evidente soprattutto nella disposizione delle braccia e delle mani, e nel volto quasi di profilo con il busto visto in posizione frontale.
Albero della vita
L’albero della vita, ideato da Gustav Klimt per il Fregio Stoclet tra il 1905 e il 1909, rappresenta l’albero della conoscenza citato nell’Apocalisse, simbolo dell’età dell’oro, minacciato dall’uccello nero, la morte.In questa sua idea l’artista viennese deriva spunti formali dall’arte dell’antico Egitto (la danzatrice ha il volto posto di profilo e gli occhi – dal taglio allungato – rivolti in lontananza), dall’arte del mosaico bizantina (di cui la città di Ravenna è per Klimt esempio fondamentale) e dall’arte giapponese. La successione dei pannelli vuole raccontare con delicato fascino una sorta di favola: una giovane ragazza attende il suo amato tra i rami dorati dell’albero della vita; alla fine realizza il sogno di congiungersi a lui, con passione.
L’albero della vita (1907) (3 pannelli da cm 75 x 110).
Intorno al 1907 Klimt fornisce il suo contributo creando per la sala da pranzo di Palazzo
Stoclet un grande fregio simbolico decorativo nel quale si dissolve perfino ogni fisicità
e ogni residuo naturalista. Eseguito a mosaico di metalli preziosi dalle Wiener
Werkstatte, il fregio, che si snoda sulle due pareti lunghe della sala da pranzo
rettangolare, ed è raccordato a una delle due pareti più corte da un pannello decorativo
con un motivo astratto a scacchiera vagamente antropomorfico, risolve nello splendore
arcaico delle sue spirali l’ibridismo klimtiano tra rappresentazione e astrazione e tra
organico e inorganico.
Motivo centrale è l’albero della vita, entro cui sono incastonate le sagome dell’Attesa,
una danzatrice dall’aurea egiziana nel gesto e nell’orizzontalità dell’acconciatura, e
dell’Abbraccio, dove la disposizione delle figure stilizzate con l’uomo di spalle, reclino
sulla compagna, ricorda la scena finale del Fregio di Beethoven, ma l’accento è posto
stavolta sul manto, assemblaggio di motivi decorativi elementari tesi a evocare il
simbolismo primario del maschile e del femminile, spirito e materia, conscio e inconscio.
Palazzo Stoclet 1907
Quando il banchiere e collezionista d’arte Adolphe Stoclet commissionò questa casa a uno dei maggiori architetti del movimento della Secessione di Vienna, Josef Hoffmann, nel 1905, non impose né estetiche né restrizioni finanziarie per il progetto. La casa e il giardino sono stati completati nel 1911 e la loro geometria austera ha segnato una svolta in stile Art Nouveau, Art Deco e prefigurazione del Movimento Moderno in architettura. Stoclet House è uno degli edifici più compiuti e omogenei della Secessione di Vienna, e dispone di opere di Koloman Moser e Gustav Klimt, che incarna l’aspirazione di creare un “opera d’arte totale” (Gesamtkunstwerk).
Testimonianza di rinnovamento artistico in architettura europea, la casa mantiene un alto livello di integrità, sia esternamente che internamente, come si conserva la maggior parte dei suoi infissi e gli arredi originali.La Casa Stoclet è una testimonianza eccezionale del il genio creativo della Wiener Werkstätte. E’ stata progettata e costruita a Bruxelles nel1905-1911 da uno dei fondatori del movimento, l’architetto austriaco Josef Hoffmann, del cui lavoro è il capolavoro. Il movimento della Secessione di Vienna testimonia un profondo rinnovamento concettuale e stilistico dell’Art Nouveau. Fin dalla sua creazione la Casa Stoclet è stata e rimane una delle realizzazioni più consumate ed emblematiche di questo movimento artistico, che caratterizza la ricerca estetica e il rinnovo di architettura e decorazione in Occidente all’inizio del 20° secolo. La decorazione della Stoclet House è stato il lavoro di un gran numero di artisti della Wiener Werkstätte, compresi Koloman Moser, Gustav Klimt, Frantz Metzner, Richard Luksch, e Michael Powolny. Hanno lavorato sotto la guida di Hoffmann di raggiungere un Gesamtkunstwerk ( opera d’arte totale), che si esprime simultaneamente in ogni dimensione – architettura di interni ed esterni, decorazione, mobili, oggetti funzionali, ed i giardini e le loro aiuole. Dalla sua creazione, l’Assemblea ha ispirato molti architetti in Belgio e in altri paesi. Annunciò l’Art Decò e il Movimento Moderno in architettura. Essa testimonia l’influenza della Secessione di Vienna, e la diffusione delle sue idee in Europa all’inizio del 20° secolo. Essa testimonia un monumento di eccezionale valore estetico e di ricchezza, intesa come espressione ideale delle arti. Una vera e propria icona della nascita del modernismo e la sua ricerca di valori, il suo stato di conservazione e di conservazione sono notevoli.
Nel 1905 il belga Adolphe Stoclet affida a Klimt l’allestimento di una nuova residenza a Bruxelles che, per dimensioni e livello, poteva essere definita un vero e proprio palazzo. Gli Stoclet sono attenti collezionisti, appassionati d’arte indiana e buddista e Klimt intende tenere in considerazione questo interesse. Il Palazzo Stoclet si pone come uno dei più significativi episodi dell’arte del Novecento come insuperato esempio di integrazione delle arti.
Il fregio che Klimt disegna per la sala da pranzo viene realizzato, dietro sue precise indicazioni, dagli artigiani della Wiener Werkstätte. Si tratta di un mosaico di marmi, pietre dure, maioliche e corallo. L’opera è composta da tre pannelli : il motivo centrale è il simbolo che riunifica tutti i temi a lui cari, dai motivi floreali alla figura femminile, dalla morte della vegetazione alla rinascita attraverso il ciclo delle stagioni. Sotto uno degli alberi una danzatrice rappresenta L’attesa, cioè l’atteggiamento della donna klimtiana che è succeduta alla femme fatale. L’abbraccio si realizza nella coppia abbracciata che prelude al Bacio, che rappresenta la riconciliazione tra i due sessi. L’oro forma un’aureola intorno alla coppia e conferisce al dipinto un carattere di grande preziosità, ottenendo l’entusiasta approvazione del pubblico e della borghesia.
Klimt deriva qui spunti formali dall’antico Egitto, da Bisanzio, dal Giappone, raccontando un’esile quanto fascinosa “favola bella”: tra i rami dorati dell’albero della vita una fanciulla attende l’amato, cui infine si ricongiunge appassionatamente. Nelle figure del Fregio Stoclet vi è il contrasto, tipico del “periodo d’oro” di Klimt, tra il trattamento naturalistico dei volti e delle braccia e l’astratto appiattimento decorativo delle vesti.
Gustav Klimt, Giuditta II, 1909
È il quadro che chiude il periodo aureo di Klimt. Presentato a Venezia nel 1909, fu acquistato dalla Galleria d’Arte Moderna ed è oggi esposto nella sede di Ca’ Pesaro. Il motivo del quadro è quello della «femme fatale» che prende a prestito in maniera occasionale la storia di Giuditta (anche se per alcuni è più corretto vedere nel soggetto un’immagine di Salomè). Ritorna il motivo della cornice dorata già visto nel quadro «Amore». È un’immagine di straordinaria intensità che volge il tema della sensualità da un piano di dolcezza ad uno di maggior ferocia ed inquietudine.
Gustav Klimt, La vergine, 1912-13
Chiuso il periodo aureo, inizia l’ultima fase della pittura di Klimt che all’incirca va dal 1910 al 1918, anno della sua morte. I temi sono ancora di tipo simbolista, ma lo stile conosce una nuova fase da cui non è esente una influenza della deformazione e del colore intenso degli espressionisti. Da ricordare che proprio Vienna divenne sede di sperimentazione del nuovo stile grazie a due pittori, Egon Schiele e Oskar Kokoschka, entrambi ben noti a Klimt. L’arte di Klimt, dall’incontro con il nuovo stile, non perde il suo grado di raffinatezza, e molti dei motivi decorativi da lui utilizzati ritornano anche nelle tele di questo periodo. Ma la scomparsa dell’oro, e un nuovo studio sul valore simbolico e comunicativo del colore, sono di certo i tratti più nuovi dell’ultimo periodo dell’attività di Gustav Klimt.